Anniversario della Comunità Pastorale San Paolo


DOMENICA 19 GENNAIO
ore 11.30 Basilica SS. Filippo e Giacomo

Immagini e omelia di Don Sergio alla Comunità Civile

Questa mattina mi è caro accogliere, salutare e ringraziare tutti voi.
Anzitutto il Signor Sindaco, Marco Citterio, che per la prima volta partecipa a questo tradizionale appuntamento in qualità di primo cittadino. Lo ringrazio anche per l’offerta della cera destinata ad alimentare la ‘Lampada dei malati’, cioè coloro che, nella nostra comunità, desideriamo custodire con particolare attenzione.
Saluto e ringrazio il dr. Fabrizio Sala, vice presidente della Regione che anche quest’anno ci onora della sua presenza. Mi congratulo con lui per la recente nomina a Cavaliere al merito della Repubblica.
Ringrazio il Signor Gianni Barzaghi, Presidente dell’APA, Confartigianato di Monza e Brianza. Così pure il dr. Sabino Illuzzi, Responsabile della Commissione socio-politica della nostra zona pastorale.
Saluto le altre autorità civili e militari, i rappresentanti delle Istituzioni e delle Forze dell’Ordine, della Amministrazione locale e delle Associazioni della So-cietà Civile che hanno accolto il nostro invito a partecipare a questa solenne celebrazione in onore dell’apostolo Paolo, patrono della nostra Comunità Pastorale.
Il nostro Arcivescovo, Sua Eccellenza Mons. Mario Delpini, in occasione della scorsa solennità del nostro santo patrono Ambrogio, ha offerto alla città di Milano e alla società civile di tutta la diocesi un discorso indirizzato a tutti, non solo ai credenti, dal titolo «Benvenuto, futuro!».
Al termine di questa celebrazione è mio desiderio consegnare il testo del di-scorso dell’Arcivescovo alle Autorità e ai Responsabili dei vari Gruppi presenti in questa nostra amata città, mentre vi comunico che l’Arcivescovo verrà nella nostra città nei giorni 21-22 marzo in occasione della Visita Pastorale.
Fin dal titolo di questo autorevole discorso si respira aria di fiducia.
Un tema che invita a guardare avanti e che ci aiuta a vincere la tentazione di cullarsi sulle sicurezze del passato.
E questo è invito per tutti, anche per coloro che hanno sbagliato: esiste sempre la possibilità e la responsabilità di ricominciare.
Abbiamo da poco iniziato un anno nuovo.
Un nuovo anno porta con sé inevitabilmente un rimando al futuro, al domani, alle cose che dovranno accadere.
Uno sguardo positivo che si fonda sulla «speranza per una vita che non finisce nel nulla e per una sollecitudine che non lasci nessuno da solo, neppure di fronte alla morte».
Diversi sono gli ambiti di futuro che il nostro Arcivescovo tocca nel suo discorso.
Anzitutto quello sulla denatalità che colpisce paradossalmente i Paesi dove sono possibili le migliori condizioni di vita e che fa chiedere: «Perché in Europa è diffusa una mentalità così ripiegata su di sé, da spaventarsi della vita e da rassegnarsi al declino? La nostra società ha forse deciso di morire?».
Esprimiamo parole di gratitudine e di incoraggiamento rivolte a quanti si curano dei bambini, in particolare quei nonni e nonne «che ringiovaniscono con i loro nipotini», ma anche a quanti hanno il coraggio di accogliere attraverso l’affido e l’adozione figli che sono amati ed educati come fossero propri.
Altro ambito di futuro su cui Delpini si sofferma è quello della società plurale Una società che, anche per noi della Brianza, «oggi più che in altri tempi, ci mette di fronte alla sfida della convivenza di persone che vengono da molte parti del mondo portando le loro capacità, le loro attese, i loro bisogni, la loro cultura e mentalità, talora le loro miserie, i loro traumi e le loro sofferenze, le loro virtù e i loro vizi»
Di fronte a questo fenomeno mondiale, e non certo transitorio, l’Arcivescovo stigmatizza ogni comunicazione «sbrigativa e partigiana» che arriva a dividere le nostre comunità tra chi vuole accogliere e chi vuole respingere.
Auspica che si sviluppino invece serie occasioni di confronto con tutti i Paesi, in particolare quelli europei, che necessitano di elaborare una visione di quello che sta succedendo per capire quale speranza si possa condividere per vivere il nostro tempo con coraggio e serenità.
«Non abbiamo certo la pretesa di proporci come maestri. Siamo invece disponibili a condividere quel percorso che tutta la società civile, libera da impraticabili nostalgie e da paure irrazionali, potrebbe percorrere per confermarsi saggia e fiera di dichiarare: benvenuto, futuro!»
Mons. Delpini invita non tanto ad un ottimismo retorico e velleitario, ma a tornare alla visione dell’uomo e della storia proposta dall’umanesimo cristia-no. Una visione che ci permette di guardare alla persona nella sua libertà e nella sua responsabilità nei confronti di Dio, degli altri e del pianeta. Una visione che è vocazione alla fraternità e dunque rimando alla imprescindibile dimensione sociale della vita umana.

Benvenuto, futuro, dunque!
Il futuro è nelle nostre mani, dipende dalle responsabilità che sapremo assu-merci, dalla capacità di impegnarsi e di pagare di persona qualora fosse necessario. «Confido che il futuro abbia i tratti che gli attribuiscono i popoli nel libero esercizio della loro responsabilità» scrive il nostro Arcivescovo.
Occorre dunque smascherare interessi particolari che non tengono conto del bene comune e scelte di chiusura che lasciano sempre ai margini coloro che il Vangelo predilige, cioè i poveri.

Benvenuto, futuro. Non vogliamo unirci al coro dei tanti che prevedono un futuro nero e si limitano a elencare denunce. Meglio stare con chi sceglie di assumersi le responsabilità e fa comunque quel poco che può; non con chi si lamenta di tutto ed è convinto che tutto sia ormai compromesso.
A questo proposito nel nostro Decanato si sta cercando di costruire un’alleanza con le varie istituzioni, per affrontare insieme la solitudine – il più delle volte disabitata – degli anziani, attivando un percorso di ecologia integrale come ci insegna Papa Francesco nella lettera enciclica Laudato si’.
Nel confronto con i sindaci del nostro Decanato abbiamo condiviso l’impor-tanza di ricondurre l’anziano nella comunità, considerandolo partecipante attivo della vita nelle nostre città, costruendo «occasioni di relazione» fra anziani e giovani.

Benvenuto, futuro. Anche se sembra prevalere la politica urlata come se la ragione stia dalla parte di chi grida di più, la ricerca del consenso ad ogni costo, la preoccupazione solo per l’immediato, la poca propensione al dialogo e la considerazione dell’altro come un nemico sempre nell’errore. È meglio stare con chi sa allargare gli orizzonti, con chi non si chiude in visioni miopi del futuro, è meglio essere persone che non pensano solo all’oggi, ma anche alle generazioni future, ai figli che non dovrebbero pagare un prezzo salato per il nostro eccessivo egoismo.

Non si tratta di dire ‘Benvenuto, futuro!’ in modo ingenuo e infantile, con un ottimismo di facciata, magari senza crederci.
Il futuro è la nostra vita, quella dei nostri figli e nipoti.
Dire ‘Benvenuto, futuro’ significa impegnarci, fare la nostra parte per un mondo migliore. Lasciare un mondo migliore, rispetto a come ci è stato consegnato.

DISTINTE AUTORITÀ CIVILI E MILITARI,
PERSONE IMPEGNATE A COSTRUIRE OGNI GIORNO IL BENE DELLA NOSTRA CITTÀ,
CARI FRATELLI E SORELLE NEL SIGNORE,
anche noi siamo invitati a credere nel futuro e gli diamo il benvenuto, perché desideriamo essere uomini e donne di speranza che così viene descritta da un antico aforisma: «Non si può dire della speranza che essa ci sia o non ci sia.
Essa è come la terra alle origini che non aveva strade; è solo quando gli uomini camminano insieme, verso una stessa direzione, che nasce una strada».
Crediamo nel futuro, gli diamo il benvenuto perché desideriamo essere – anche noi – uomini e donne di speranza.

 

omeliaallacomunitacivile2020

 

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