Anniversario della Comunità – 22 gennaio


MG_6090

Giussano, 22 gennaio 2023

Discorso alla città

VIVERE IN PACE È POSSIBILE

Anche quest’anno ci ritroviamo, in occasione della festa della Conversione di San Paolo, patrono della nostra Comunità pastorale, per un incontro con tutti coloro che, in diversi modi, servono la Comunità civile.

Attingo alle parole del nostro Arcivescovo, Mons. Mario Delpini, in occasione del Discorso alla Città dello scorso 7 dicembre intitolato ‘E gli altri?’. Al termine di questa celebrazione, come consuetudine, desideriamo farne dono ai presenti. Scrive Mons. Delpini: «Non posso tacere l’elogio di voi, amministratori della giustizia, responsabili dell’ordine pubblico e della sicurezza dei cittadini, uomini e donne di Chiesa, voi tutti che sapete chi sono gli altri e ve ne prendete cura».

Mi unisco a queste parole per salutare e ringraziare tutte le autorità presenti a partire dal Signor Sindaco, Marco Citterio ringraziandolo per l’offerta della cera destinata ad alimentare la ‘Lampada dei malati fisici e spirituali’, agli altri amministratori, alle forze dell’ordine e a tutti coloro che dirigono le nostre istituzioni.

Saluto e ringrazio l’onorevole Fabrizio Sala, presente anche quest’anno nonostante i suoi impegni siano aumentati, essendo stato eletto alla Camera dei Deputati.

Saluto e ringrazio il Signor Gianni Barzaghi, Presidente della Confartigianato di Monza e Brianza, e il Dr. Sabino Illuzzi, Responsabile della Commissione socio-politica della Zona pastorale Monza e Brianza.

All’inizio di un nuovo anno civile risuonano in modo forte le parole di papa Francesco, instancabile operatore di pace, nel suo Messaggio per la Giornata mondiale della Pace:

«Nel momento in cui abbiamo osato sperare che il peggio della notte della pandemia fosse stato superato, una nuova terribile sciagura si è abbattuta sull’umanità. Abbiamo assistito all’insorgere di un altro flagello: un’ulteriore guerra, in parte paragonabile al Covid-19, ma tuttavia guidata da scelte umane colpevoli. La guerra in Ucraina miete vittime innocenti e diffonde incertezza, non solo per chi ne viene direttamente colpito, ma in modo diffuso e indiscriminato per tutti.

Questa guerra, insieme a tutti gli altri conflitti sparsi per il globo, rappresenta una sconfitta per l’umanità intera e non solo per le parti direttamente coinvolte.

Il Vangelo che viene proclamato in questa domenica ci presenta il miracolo della moltiplicazione dei pani.

La pace ha gli stessi ingredienti del pane, da impastare ogni giorno perché sia sempre fresco. La farina del pane della pace è la giustizia; l’acqua con cui la si impasta è la verità; il lievito che fa fermentare il pane della pace è la solidarietà; il sale che dà sapore al pane della pace è la libertà; la madia in cui lievita il pane della pace è la pazienza; il forno a legna ove si cuoce il pane della pace è il perdono. Il tavolo su cui si spezza fraternamente,il pane della pace, è il dialogo.

Basta frequentare anche una sola volta, nel cuore della notte, il laboratorio di un fornaio per vedere il “miracolo del pane” e comprendere quanto sudore richieda, quanto profumo spanda e quanto stupore assicuri.

Se la pace ha gli stessi ingredienti del pane, la guerra produce i medesimi effetti procurati dalla fame, che affligge molti popoli della terra. Guerra e fame vanno di pari passo.

«Il grido della pace – ci ricorda il Papa – esprime il dolore e l’orrore della guerra, madre di tutte le povertà».

«Le armi – scrive Marco Tarquinio, direttore di Avvenire – tradiscono sempre. Tradiscono anche, e molto di più di quanto si ammetta, gli intenti di chi le schiera e di chi le scaglia, spingendo avanti l’incendio della guerra. Le armi mostrano e dimostrano che tradiscono persino chi le brandisce e le usa, nonostante creda di esserne padrone. In guerra la verità è solo quella delle vittime, tutto il resto è fumo tossico».

In questa momento storico siamo chiamati a trasmettere la pace, a sentire più forte la responsabilità di compiere ciascuno la propria parte, con impegno rinnovato e mai rassegnato, per «tracciare insieme sentieri di pace», come raccomanda Papa Francesco nel messaggio citato. «La cultura della pace non la si costruisce solo tra i popoli e tra le nazioni. Essa comincia nel cuore di ciascuno di noi, cercando di estirpare ogni radice di odio e risentimento. San Paolo ci dice chiaramente che la benevolenza, la misericordia e il perdono sono la medicina che abbiamo per costruire la pace. La benevolenza è scegliere sempre la modalità del bene per rapportarci tra di noi. La misericordia è accettare che l’altro possa avere anche i suoi limiti. Infine il perdono è concedere sempre un’altra possibilità. Ogni guerra per essere estinta ha bisogno di perdono, altrimenti la giustizia diventa vendetta e l’amore viene riconosciuto solo come una forma di debolezza. Nel perdono opera sempre l’onnipotenza di Dio».

Anche ciascuno di noi con responsabilità e compassione è chiamato a far fronte alle sfide del nostro tempo, in cui troppi conflitti rimangono aperti. Dio, che trasforma «le spade in aratri e le lance in falci» (Is 2,4), ci conceda di mutare l’odio in amore, nella certezza che il perdono ha più valore della vendetta.

Come ci suggerisce l’Arcivescovo nel discorso di S. Ambrogio occorre incoraggiare e benedire coloro che, incontrando i problemi e le ferite, non perdono tempo a domandarsi: “Di chi è la colpa?” ma piuttosto si chiedono: “Che cosa posso fare io per medicare le ferite e affrontare i problemi?”.

Se ci impegneremo nella vita e crederemo che la pace è possibile, allora la pace verrà.

 

Distinte autorità,

cari fratelli e sorelle nel Signore,

 

questi ultimi anni sono stati pieni di imprevisti come la crisi economica, la pandemia e l’esplodere improvviso della guerra. Non sarà il semplice trascorrere del tempo che porterà ad un miglioramento, bensì la consapevolezza e il coraggio di uno sguardo nuovo, di un cambiamento radicale di vita, di prospettive di pace.

Come ama ripetere spesso il Papa: «Da una crisi come questa non si esce uguali come prima: si esce o migliori o peggiori».

L’augurio, all’inizio di un nuovo anno è quello di avere il coraggio di cambiare, di essere migliori di prima per costruire con tutte le nostre forze la civiltà dell’amore.

Facciamo fiorire le intenzioni buone che sono nel nostro cuore e tutto ciò che di bene possiamo offrire, perché la storia è abitata da una presenza, quella di Dio.

 

don SERGIO STEVAN

Parroco

Responsabile della Comunità pastorale San Paolo